Dark Data: quanto e perché i dati restano inutilizzati
Dark Data: quanto e perché i dati restano inutilizzati
Più della metà dei dati raccolti dalle aziende sono inutilizzati: un report Splunk spiega le motivazioni e i possibili correttivi.
Dati come risorsa o “come petrolio”, per riprendere un ormai antico detto, utile a far comprendere il valore delle informazioni raccolte. Risorse a disposizione delle aziende, spesso in grandi quantità visto che si parla di 7,5 settilioni di GB generati ogni giorno purtroppo ancora poco conosciuti e utilizzati. Secondo un report diffuso da Splunk, “The state of data dark”, che ha coinvolto circa 1.300 manager IT di sette diversi Paesi, il 55% dei dati in possesso delle aziende è “dark”, oscuro, non qualificato e pertanto non sfruttato. Questo nonostante il 90% dei leader coinvolti nella ricerca ritenga l’analisi dei dati fondamentale per il successo delle aziende.
Quali sono i dati oscuri?
Secondo il rapporto i dati oscuri sono “tutti i dati generati da sistemi, dispositivi e interazioni, non conosciuti e non sfruttati all’interno di un’organizzazione”. Praticamente tutte quelle informazioni che le aziende fanno fatica a capitalizzare, ovvero il 75% di quelli presenti secondo la maggior parte degli intervistati.
Quando si parla di Dark Data si possono immaginare due sottocategorie: i dati che le aziende sanno di aver acquisito ma non sanno come utilizzare, e quelli che non si ha la certezza di avere. Rispetto a questa seconda categoria altro dato significativo è quello diffuso da Gemalto, secondo il quale il 46% dei dirigenti ritiene che le aziende di appartenenza non sa dove siano archiviate le informazioni sensibili o private.
Perché i dati restano “nel cassetto”?
Il motivo principale per il quale le aziende non usano parte dei dati, secondo quanto si legge nel rapporto, è riferibile alla mancanza di strumenti e competenze utili ad analizzarli. Se è vero, pertanto, che la trasformazione digitale genera flussi importanti di dati disponibili, è altrettanto vero che le aziende, pur potendo tenere traccia di tutto, non hanno risorse umane ed economiche per analizzare le informazioni, sostenendo in questo i modo i costi di archiviazione senza beneficiare dei dati stessi.
Altro motivo per il mancato utilizzo è da attribuire, invece, alla scarsa qualità dei dati raccolti e conservati o alla loro incompletezza, che li rende impossibili da usare per prendere decisioni.
Ultimo, ma non meno importante, limite riscontrato dagli intervistati quello di disporre sempre più di dati non strutturati: Big Data che, in quanto tali, richiedono strumenti di analisi più sofisticati e a volte non conosciuti.
Oltre alle motivazioni più “tecniche”, il report evidenzia come un 21% degli intervistati sostenga che i dark data non siano presi in considerazione per scarso interesse da parte degli apicali dell’organizzazione di appartenenza.
Come trasformare i Dark Data in dati utili?
Il rapporto pubblicato da Splunk prova a dare una risposta alla domanda del come fare per incrementare l’entità dei dati utilizzati. Tra le soluzioni individuate, per il 76% degli intervistati sarebbe utile la formazione delle persone che lavorano in azienda al fine di poterle sensibilizzare sul tema della Data Governance, al momento attuale ritenuta dal 56% degli interpellati soltanto uno slogan privo di concreta applicazione. “Ogni dipendente dovrebbe conoscere almeno le basi della Data Analytics in un futuro non molto lontano”, secondo quanto riportato nel rapporto.
Non bisogna però solo prevedere un ricorso a risorse interne, visto che il 70% degli intervistati giudica utile assumere figure esterne e specializzate come i Data Scientist.
Oltre a lavorare sulle competenze, secondo i leader aziendali coinvolti nella ricerca occorre investire sugli strumenti digitali e sulle tecnologie necessarie a valorizzare i dati di cui si è in possesso. Competenze abbinate a strumenti che siano in grado di ridare il giusto valore ai tanti dati che oggi, purtroppo, restano inutilmente chiusi in un cassetto.
(articolo per Ingenium.magazine di Sonia Montegiove)